TESTA DELLA CORSA: ARRIGO VANZOLINI
Un albero, per poter crescere solido e grande fino al cielo, ha bisogno di radici forti che affondano saldamente nel terreno. La Fausto Coppi può contare su una presa sicura che scava nella storia sempre in equilibrio perfetto tra presente e futuro: Arrigo Vanzolini ne è il presidente da più di trent’anni, prima operativo e adesso onorario, e rappresenta una memoria storica di tutto quello che è stato.
«La Fausto Coppi è ancora la mia vita e ha iniziato ad esserlo nel 1970. Eravamo un gruppo di amici che è partito in maniera quasi inconsapevole ed è arrivato a creare una realtà sportiva importante conosciuta in Italia, in Europa e nel Mondo. La Nove Colli è il nostro biglietto da visita, è la stretta di mano di Cesenatico per presentarsi a chi non la conosce ancora. Ho corso la prima, con la mitologica partenza dal Bar del Corso sul Porto Canale e ho poi ho ricoperto ogni ruolo. Quando abbiamo cominciato eravamo in 17, praticamente senza rifornimenti, senza scorta tecnica: è stata spontanea, queste cose noi romagnoli le facciamo, e da lì è esplosa».
Quando avete capito che la piccola Nove Colli stava diventando grande?
«Faccio fatica a individuare un momento preciso ma direi che la nostra crescita è sempre stata costante. Siamo andati avanti senza fretta ma senza sosta. La Nove Colli adesso ci sembra la normalità ma per noi ogni piccola tappa è stata straordinaria: quando abbiamo raggiunto 1000 iscritti, poi sono arrivate le prime persone dall’Europa e poi da tutto il mondo. Anche il riconoscimento di avere qui ex professionisti ci ha riempito di orgoglio. Ogni tappa ha avuto un significato e noi come Fausto Coppi siamo cresciuti insieme alla Nove Colli e lei con noi. Come una casa che si alza e l’edera che ci si arrampica insieme, indivisibili».
Arrigo qual è stato il momento più bello che ricordi alla Nove Colli?
«Non voglio trovarne solo uno, mi sembra ingiusto verso i tanti ricordi che ho costruito in questi anni. Ho corso la Nove Colli 17 volte, quasi sempre la “lunga” e a volte anche la “corta”. Da presidente ho seguito e supervisionato tutti gli aspetti dell’organizzazione e sentivo su di me la responsabilità. Ma non è mai stato un peso, è sempre stato un onore».